La misinformazione e la disinformazione rappresentano il primo rischio a livello mondiale a breve termine (cioè da qui a due anni), mentre gli eventi climatici estremi e i cambiamenti critici ai sistemi terrestri sono la principale preoccupazione nel lungo periodo (entro i prossimi dieci anni). È quanto emerge dal Global Risk Report 2024 del World Economic Forum (WEF).
Lo studio, prodotto in collaborazione con Zurich Insurance group e Marsh McLennan, si basa sulle opinioni di oltre 1.400 esperti di rischi globali, politici e leader del settore, con interviste condotte nel settembre del 2023, ed esplora alcuni dei rischi più gravi che potremmo dover affrontare nel prossimo decennio, in un quadro globale di cambiamenti tecnologici, incertezza economica, riscaldamento del pianeta e conflitti.
Che nel mondo in cui viviamo, non manchino i motivi di preoccupazione, non è certo un mistero. Quel che però deve fare riflettere, è il ruolo predominante che i concetti di disinformazione e misinformazione (cioè quell’informazione non accurata, i cui contenuti, diffusi frettolosamente, rischiano di essere accettati come veritieri perché difficili o impossibili da verificare) ricoprono.
Il peso della disinformazione
Dal rapporto emerge un mondo afflitto da un binomio di crisi pericolose: “clima e conflitto“. Queste minacce si inseriscono in un quadro generale di rapida accelerazione del cambiamento tecnologico e di incertezza economica.
L’umanità fronteggia oggi e si troverà a fronteggiare sempre di più una serie di sfide significative: guerre, polarizzazione della politica e della società, aumento del costo della vita, impatto della crisi climatica, destabilizzazione dell’ordine globale. Secondo quanto rivela il Global Risk Report (qui il documento completo), però, nell’ottica di breve periodo sono la disinformazione e la misinformazione a preoccupare maggiormente gli esperti, sulla scia del potenziale “oscuro” dell’intelligenza artificiale e del rischio di essere inondati da false informazioni, manovrate da chi ha a disposizione più mezzi economici per farlo.
“Gli attori nazionali e stranieri faranno leva sulla disinformazione per ampliare ulteriormente le divisioni sociali e politiche – si legge nel report – . Si prevede che quasi tre miliardi di persone si recheranno alle urne elettorali in diverse economie – tra cui Bangladesh, India, Indonesia, Messico, Pakistan, Regno Unito e Stati Uniti – nei prossimi due anni e l’uso diffuso della disinformazione e della disinformazione e gli strumenti per diffonderle, potrebbero minare la legittimità dei governi neoeletti. I disordini che ne potrebbero derivare potrebbero spaziare dalle proteste violente ai crimini d’odio, allo scontro civile e al terrorismo”.
E, ancora: “Al di là delle elezioni, è probabile che anche le percezioni della realtà diventino più polarizzate, infiltrandosi nel discorso pubblico su questioni che vanno dalla salute pubblica alla giustizia sociale. Tuttavia, man mano che la verità viene minata, aumenterà anche il rischio di propaganda e censura interna“.
“In risposta alla cattiva informazione e alla disinformazione, i governi potrebbero avere sempre più potere di controllare le informazioni in base a ciò che ritengono essere ”vero”. Le libertà relative a Internet, alla stampa e all’accesso a fonti di informazione più ampie, che sono già in declino, rischiano di sfociare in una più ampia repressione dei flussi di informazioni in un insieme più ampio di paesi”.
Intelligenza artificiale e governi
Il ruolo predominante di disinformazione e misinformazione è una novità nella top 10 di quest’anno. A differenza di quanto avveniva in passato, non richiedono competenze di nicchia, sulla scia di intefacce facili da usare e modelli di AI su larga scala, che hanno già consentito un vero e proprio boom di contenuti “sintetici” e informazioni falsificate.
Per combattere i rischi crescenti, i governi pensano a normative nuove e in evoluzione. In generale, tuttavia, la velocità e l’efficacia della regolamentazione tengono difficilmente il passo con lo sviluppo. Stando a quanto affermano gli esperti, “I contenuti sintetici manipoleranno gli individui, danneggeranno le economie e frattureranno le società in molti modi, nei prossimi due anni”.
La falsificazione delle informazioni potrebbe essere utilizzata per perseguire vari obiettivi e nuove classi di crimini. E non solo. “Come l’insidiosa diffusione della disinformazione e la disinformazione minaccia la coesione delle società – sottolinea il report – c’è il rischio che alcuni governi agiscano troppo lentamente, trovandosi di fronte a un compromesso tra prevenzione della disinformazione e tutela della libertà di parola, mentre i governi repressivi potrebbero utilizzare una maggiore controllo normativo per erodere i diritti umani“.
Cosa fare?
Partendo da un quadro così fortemente problematico, quali possono essere le prospettive per il futuro? Il mondo dell’editoria non può prescindere dalle tematiche emergenti sollevate dal Global Risk Report 2024 e può trovare un interessante spunto di riflessione nelle conclusioni del documento: sia il grado di complessità che la velocità di questi rischi globali richiedono approcci flessibili e agili e, soprattutto, condivisi.
“Ci sono quattro grandi categorie di approccio alla riduzione del rischio globale, sulla base del livello di cooperazione richiesto: strategie localizzate; sforzi rivoluzionari; azioni collettive; coordinamento transfrontaliero”. Proprio la collaborazione transfrontaliera su larga scala rimane fondamentale “per affrontare e gestire i rischi da cui dipende la stessa sicurezza e prosperità dell’umanità”.
Queste tematiche torneranno centrali in occasione del World Economic Forum 2024 di Davos, in Svizzera, dedicato al tema “Rebuilding Trust”. Il programma è orientato al “ritorno alle origini di dialogo aperto e costruttivo tra i leader del governo, delle imprese e della società civile”.