Intelligenza artificiale sì o intelligenza artificiale no? La domanda ormai serpeggia nella società ma anche nelle stanze dei bottoni, quelle dove vengono prese le decisioni, discusse e varate le leggi. Dubbi e incertezza fra conservatori e progressisti avanzano anche in questo settore tanto che per settimane l’uso di Chat Gpt in Italia è stato vietato.
Uno stop che in realtà non ha significato molto anche perché era facile da aggirare. Uno stop che non ha molto senso perché arrestare il progresso è comunque una cosa impossibile. Lo si può forse ritardare ma prima poi irrompe in modo incontrollato. Meglio, allora, governarlo, piuttosto che farsi governare.
Tolti dall’equazione i post dei catastrofisti social che paragonano l’avvento dell’intelligenza artificiale all’anno zero di Skynet (riferimento da nerd alla saga cinematografica di Terminator nella quale è proprio una intelligenza artificiale a sterminare l’umanità) restano tanti aspetti da affrontare.
Qui guardiamo solo a uno di questi aspetti, quello che interessa il mondo dell’informazione e i giornalisti.
Recenti test hanno dimostrato che fornendo il giusto quesito ad un programma di intelligenza artificiale al quale sono state fornite anche le regole essenziali del giornalismo e della comunicazione, il programma è in grado di scrivere, in pochi istanti, un articolo di economia completo e affidabile e difficilmente distinguibile da un ‘pezzo’ scritto da un giornalista economico esperto.
In realtà se il test è ripetuto più e più volte prima o poi l’intelligenza artificiale incappa in un bug, o forse sarebbe meglio dire in una fake news talmente ben fatta in rete da ingannare anche lei (si lei, ormai possiamo darle forma fisica quasi). Ma il vero tema non è quando l’intelligenza artificiale (finalmente) sbaglia.
La domanda da porsi è quando, invece, sbaglia l’uomo. Statisticamente nel test l’intelligenza artificiale è caduta in errore al tredicesimo tentativo di riscrivere la medesima cosa. Sempre statisticamente un giornalista esperto cade in errore una volta su dieci.
Certo la differenza sta nel fatto che poi il giornalista si corregge, l’intelligenza artificiale spesso non lo fa.
Tutto questo solo per accennare al fatto che sì l’intelligenza artificiale potrebbe sostituire, neanche troppo in là nel tempo, noi giornalisti, nel realizzare un prodotto per un on line che rispecchi meglio di quanto faccia un uomo il Seo, che dia notizie affidabili (il margine di errore è inferiore a quello dell’uomo e può solo migliorare). La cosa che non può avere, almeno fino ad ora, è l’empatia anche nel modo di scrivere.
Asettica e precisa sì, coinvolgente no
Dato per affermato che un editore illuminato non ricorrerà mai ad un giornale fatto solo da ‘robot’ (passatemi la licenza linguistica) ma dato per scontato anche che gli editori illuminati sono uno ogni centomila, allora come affrontare, da giornalista, l’intelligenza artificiale?
Per me che sono nato quando i giornali si stampavano ancora con i caratteri a piombo legati con la Juta (Sembra una eternità ma sono solo 40 anni) un’altra innovazione non può e non deve fare paura.
Una generazione di giornalisti che è passata dal piombo e dalla macchina da scrivere sulla quale bisognava “pestare” i tasti, passando per telefax, telescriventi, telefoto, prime videoscritture, prima connessione internet a 64k per arrivare fino ai giornali on line, alle foto scattate con gli smartphone e caricate direttamente sugli articoli. Senza parlare della rete che ormai è un grande archivio virtuale che ti permette di trovare tutto senza andare a fare ricerche in libreria piuttosto che in biblioteca, fra le “mazzette” dei giornali piuttosto che nella memoria dei cronisti più anziani.
E i social sui quali trovi anche le foto delle vittime che prima dovevi andare a chiedere ai parenti presentandoti con una “faccia di bronzo” indicibile e spesso rischiando anche di prenderle.
Se tutte queste innovazioni hanno aiutato il lavoro del cronista e oggi il giornalista usa tutti questi mezzi perché non dovrebbe essere lo stesso con l’intelligenza artificiale? Già nei grandi giornali si vedono le ‘doppie firme’. La firma del giornalista insieme a Chat Gtp.
Di fatto l’intelligenza artificiale è un correttore automatico intelligente. Ti aiuta nelle ricerche, migliora il testo che hai preparato, corregge gli errori di battitura.
E alla fine la mano dell’uomo può completare il pezzo, sistemare il lavoro, renderlo umano e, se è il caso, empatico.
Certo i “danni” ci sono stati, ci sono e ci saranno. Tutte queste innovazioni hanno tagliato gli organici, fatto sparire o quasi professioni come il video reporter o il foto reporter. Ma se il primo impatto è stato quello di tagliare, risparmiare, fare tutto anche senza qualità, poco a poco la rete ha cominciato a interrogarsi e adesso la qualità sta tornando di moda. Con l’intelligenza artificiale rischia di succedere la medesima cosa. Tagli iniziali, qualche “robot” sostituirà qualche umano ma alla fine anche lì sarà l’uomo a usarla.
Parola d’ordine resistere, mettere in campo umanità, qualità, esperienza e non avere paura del nuovo. Anche se l’attenzione va tenuta alta.
Se non saremo capaci di alzare l’asticella della qualità allora sì che l’intelligenza artificiale ci soppianterà.
Manlio Viola, giornalista professionista da più di 30 anni, è direttore di BlogSicilia.it